La fisiologia del tessuto osseo
a cura di Davide Gatti
Il tessuto osseo è un tessuto connettivo mineralizzato deputato a importanti funzioni meccaniche indispensabili per il sostegno e la protezione delle diverse strutture corporee e per la locomozione. A differenza di quanto spesso ritenuto, l’osso è una struttura estremamente dinamica sottoposta ad un continuo rimodellamento (turnover osseo) necessario sia per mantenerne l’integrità ( riparazione delle fratture) che per permettergli di adattarsi alle modificazioni di carico a cui è spesso soggetto. Inoltre lo scheletro ha un ruolo fondamentale anche di tipo metabolico rappresentando il deposito principale di ioni quali il calcio ed il fosfato ed è quindi coinvolto nella regolazione del loro metabolismo.
Nel turnover osseo si realizzano due fenomeni opposti: il riassorbimento osseo e la neoformazione ossea. Durante l’infanzia l’entità del turnover osseo è elevata ed è presente uno squilibrio tra riassorbimento e neoformazione a vantaggio di quest’ultima con conseguente bilancio osseo positivo (accrescimento).
Nella vita adulta per azione degli ormoni sessuali si osserva una diminuzione del turnover osseo che associato ad uno stato di equilibrio tra la quota di osso riassorbito e quella di osso neoformato conduce ad un bilancio in pareggio.
Con l’invecchiamento si assiste infine ad un nuovo squilibrio tra neoformazione e riassorbimento questa volta purtroppo a bilancio negativo (riassorbimento> neoformazione). Si ha così una perdita ossea che viene amplificata dall’aumento del turnover osseo dovuto all’esaurimento della attività ormonale gonadica. La conseguenza di tutto ciò è l’osteoporosi.
Il paziente anziano fratturato di femore
Il corretto approccio diagnostico-terapeutico e assistenziale al paziente anziano con frattura da fragilità di collo femore
a cura di Alfredo Nardi
La frattura del collo femorale nell’anziano è un evento acuto, potenzialmente letale, in grado di far precipitare situazioni cliniche in equilibrio labile, da considerare alla stregua di una grave malattia sistemica, la cui corretta gestione non può prescindere dall’applicazione di protocolli diagnostico-terapeutici appropriati e di percorsi gestionali condivisi inseriti in idonei modelli organizzativi.
L’invecchiamento causa di profonde alterazioni strutturali del tessuto osseo che ne riducono la resistenza meccanica. La ridotta resistenza rende l’osso particolarmente fragile, incline a fratturarsi per traumatismi di minima entità (traumi a bassa energia) .
Qualunque segmento scheletrico può essere sede di fratture da fragilità, ma quelle vertebrali e del collo femorale (fratture da fragilità maggiori) sono quelle in assoluto con maggiore rilevanza. Le fratture da fragilità del collo femorale richiedono nella quasi totalità dei casi l’ospedalizzazione e l’intervento chirurgico. Esse, oltre ad elevata mortalità nel breve periodo (3-6 mesi) ed aggravamento delle comorbilità, sono anche le più invalidanti perché causano disabilità permanenti. La frattura da fragilità di collo femore dell’anziano, oltre a ridurre significativamente la qualità di vita del paziente, costituisce per i familiari un carico assistenziale notevole e per il SSN un costo enorme in termini di risorse sottratte.
L’ortopedico è sicuramente tra le figure professionali con un ruolo di primaria importanza nella gestione del paziente con frattura da fragilità di collo femore; infatti è il primo ad intervenire nella cura della frattura e a “toccare con mano” il danno causato al femore dalla fragilità ossea. L’ortopedico è, quindi, parte integrante dell’intero percorso assistenziale, in grado di contribuire al corretto approccio diagnostico terapeutico della fragilità scheletrica e rientrare nel follow-up per prevenire la rifrattura il cui rischio potenziale è particolarmente elevato.
L’Italia è la nazione con l’indice di vecchiaia più alto del mondo. Nel 2005, le fratture di collo femore nelle persone over 65 anni sono state 90.000 con un incremento nei 6 anni precedenti del 28% ed oggi esse superano le 100.000.
Le conseguenze per i pazienti anziani con frattura da fragilità di collo femore sono innanzi tutto la mortalità elevata che, oltre alle comorbilità preesistenti al ricovero, è influenzata anche dalla gestione ospedaliera, la disabilità elevata, la qualità e l’aspettativa di vita ridotte.
Il destino del paziente anziano fratturato di femore non dipende, quindi, dalle sole comorbilità presenti al momento del ricovero e dalle modalità di approccio chirurgico basato sulla scelta del mezzo di sintesi, ma dall’intero percorso assistenziale che inizia in ospedale per concludersi nel territorio.
Il corretto approccio al paziente anziano fratturato di femore si basa, quindi, sull’appropriatezza sia dei percorsi diagnostico-terapeutici (PDTA) utilizzati sia dei modelli organizzativi adottati dalle Aziende Sanitarie che come obiettivo abbiano la rapida risoluzione dell’evento acuto fratturativo, la riduzione dell’insorgenza di complicanze dovute alla degenza prolungata, la prevenzione farmacologica e non della rifrattura.
Se l’intervento di stabilizzazione della frattura viene eseguito entro le 24-48 ore si ha una significativa riduzione dell’incidenza di complicanze pre e post operatorie e pone il paziente nelle condizioni di ritornare ad avere la stessa qualità di vita di prima della frattura. E’ stato dimostrato che la durata della degenza pre-operatoria rappresenta un parametro cruciale che correla con la mortalità e che è funzione del modello organizzativo presente all’interno dell’ospedale.
Tuttavia protocolli diagnostico-terapeutici e percorsi gestionali condivisi possono essere attuati solo dove c’è stretta collaborazione fra tutte le figure professionali che, a diverso titolo, sono coinvolte nella gestione del paziente anziano con frattura del femore. Dove questa collaborazione è stata in qualche modo ufficializzata, attraverso l’istituzione di UMOG (Unita Multidisciplinari Ortogeriatriche), altrimenti dette anche FFU (Fragility Fracture Unit), i risultati ottenuti sono stati notevoli sia per i pazienti sia per la struttura ospedaliera che ha visto ridurre le giornate di degenza e i reingressi per rifrattura.
Dove sono strati introdotti protocolli EBM e procedure organizzative standardizzate che prevedono l’intervento chirurgico entro le 24-48 ore, si è avuta una significativa riduzione della mortalità intra-ospedaliera, delle complicanze dell’allettamento (IVU, polmoniti da ospedalizzazione , TVP, EP, piaghe da decubito) e del periodo complessivo di ospedalizzazione che, oggi, è in Italia di circa 15 giorni. E’ stato ampiamente dimostrato, infatti, che l’elevata incidenza di complicanze mediche nel post-operatorio (20% dei pazienti), responsabili di mortalità e disabilità elevate, e la notevole percentuale di reingressi per rifrattura, identificano nei tempi di degenza prolungati la causa principale.
Questo corso di formazione a distanza si prefigge di fornire a medici ed infermieri gli elementi culturali per migliorare l’approccio diagnostico-terapeutico e assistenziale al paziente anziano con frattura da fragilità di collo femore, poiché il suo destino dipende soprattutto dalla conoscenza del problema, dal modello organizzativo adottato all’interno della struttura ospedaliera e dall’applicazione di protocolli e procedure condivise, che iniziano con l’accoglimento al Pronto Soccorso ed il ricovero nelle UMOG e si concludono con programmi personalizzati di formazione per i paziente e i caregivers allo scopo di ridurre la disabilità e diminuire il rischio di rifrattura.