La terapia della costipazione indotta da oppioidi
La stipsi indotta dall’uso terapeutico degli oppioidi rappresenta uno degli effetti avversi piú comuni derivanti dall’uso di questi farmaci e ha un forte impatto sulla compliance del paziente, sulla sua aderenza alla terapia e, soprattutto, sulla sua qualità di vita. È un problema non ancora completamente risolto non solo nei pazienti sotto- posti a terapia con oppioidi a scopo antalgico, ma e soprattutto nei pazienti affetti da disturbo da uso di oppioidi.
I trattamenti oggi disponibili per la gestione della stipsi indotta da oppioidi sono basati sull’impiego dei lassativi convenzionali (lassativi idrofili, emollienti, osmotici e di contatto), che spesso non garantiscono dei risultati ac- cettabili in molti pazienti, limitandone la qualità di vita.
Gli obiettivi del trattamento della stipsi indotta da oppioidi sono quelli di eliminare e/o ridurre le sensazioni di dolore e disagio se presenti, riacquistare una fisiologica funzionalità intestinale e prevenire l’occorrenza di altri sintomi come nausea, vomito, tensione, dolore addominale e nei casi più gravi l’occlusione intestinale.
La prevenzione e la cura della disfunzione intestinale indotta da oppioidi si puó avvalere oggi anche dell’uso degli antagonisti periferici del recettore mu degli oppioidi (Peripherally Acting Mu-Opioid Antagonist -PAMORA) in grado di antagonizzare gli effetti indesiderati dei farmaci oppioidi a livello intestinale senza comprometterne l’efficacia clinica dal momento che non sono in grado di attraversare la barriera ematoencefalica.
Scopo di questo corso è di illustrare i meccanismi fisiopatologici e dinamici che governano la funzione intestina- le, la loro alterazione durante la terapia con oppioidi e i trattamenti di elezione per il controllo efficace della stipsi.
L’uso del levometadone
La forma racemica del metadone attualmente in uso presso la maggior parte dei SerD italiani, è costituita dalla miscela di destrometadone e levometadone. Il levometadone presenta un’affinità recettoriale per i recettori μ 10 volte maggiore del destrometadone e una potenza analgesica 50 volte maggiore. Pertanto la miscela racemica ha un’attività terapeutica potremo dire “diluita” per la presenza del d-metadone. Il levometadone ha un’emivita più lunga rispetto al metadone racemo. La dose efficace del levometadone è pari al 50% del metadone.
L’utilizzo di levometadone:
1) riduce significativamente l’uso concomitante di sostanze oppiacee illecite;
2) riduce i sintomi di astinenza;
3) riduce significativamente il craving;
4) aumenta la compliance al trattamento.
Inoltre il levometadone non influisce sull’intervallo QTc, con miglioramento del profilo di sicurezza cardiaca e, pertanto, nel caso in cui siano presenti specifiche condizioni che rappresentano dei fattori di rischio per pro- lungamento del tratto QT/TdP (patologie cardiache in atto, anamnesi familiare positiva per patologie cardiache, assunzione concomitante di altri farmaci con potenziale tossicità cardiaca come ad es. antivirali, antibiotici, an- tidepressivi e antipsicotici, HIV e epatiti, concomitante abuso di alcol e cocaina, anomalie elettrolitiche, malnutri- zione e anoressia, rallentata attività enzimatica (“metabolizzatori lenti CYP2B6”), l’assunzione di levometadone cloridrato, anziché metadone racemo, conferisce al paziente una sicurezza cardiovascolare superiore.
Scopo di questa FAD è di illustrare quanto sopra e di condividere i risultati ottenuti con l’uso del levometadone nella cura del disturbo da uso di oppiacei, nonché di condividere i risultati ottenuti con l’uso del levometadone nella cura del disturbo da uso di oppiacei.