Il tromboembolismo venoso è la terza malattia cardiovascolare più comune e la trombosi venosa profonda, sua principale manifestazione, ha in Italia un’incidenza di circa 1 caso ogni 1.000 soggetti all’anno. I fattori che li favoriscono sono molteplici e ben noti ma non per questo risolti. Grazie al loro ridotto rischio emorragico e a una durata d’azione prolungata nelle 24 ore, l’impiego delle eparine a basso peso molecolare ci ha consentito di formulare posologie di somministrazione che hanno favorito schemi terapeutici più adeguati alle esigenze dei pazienti chirurgici e non. La possibilità di utilizzare il biosimilare dell’enoxaparina sodica porterà a un ulteriore sviluppo nell’impiego delle EBPM in situazioni cliniche molto delicate per la vita del paziente.
Enoxaparina biosimilare è stata autorizzata per la prevenzione del tromboembolismo venoso (Tev), nei pazienti sottoposti a chirurgia o a rischio di sviluppare coaguli perché allettati, per il trattamento della trombosi venosa profonda (Tvp), dell’angina instabile, dell’infarto miocardico e per prevenire la formazione di coaguli nella circolazione extracorporea in corso di emodialisi. L’enoxaparina sodica è un pilastro fondamentale della terapia in ambito cardiovascolare. Viene, infatti, impiegata per le sindromi coronariche acute (SCA), per le trombosi e per le embolie polmonari, patologie molto diffuse nei nostri ospedali. L’avvento del primo biosimilare è una conferma dalla validità e dell’utilità del farmaco, caratteristiche che ne permetteranno un maggior impiego grazie anche al costo inferiore e ai risparmi che ne deriveranno.
La sovrapponibilità in termini di qualità, sicurezza ed efficacia del biosimilare rispetto al farmaco originator è stata dimostrata dagli studi pre-clinici e clinici previsti dal rigoroso iter di approvazione richiesto dall’Agenzia Europea dei Medicinali (Ema).
Gli effetti sulla spesa. Nel nostro Paese, la spesa per l’enoxaparina sodica si attesta attualmente sui 250 milioni di euro annui. La disponibilità del primo biosimilare che, a parità di efficacia e sicurezza rispetto all’originator, ha un costo inferiore del 26%, contribuirà a ridurla.
La claudicatio intermittens è un’andatura particolare, caratterizzata da dolore, rigidità, debolezza a carico degli arti inferiori che si manifesta durante la deambulazione e che si risolve nell’arco di alcuni minuti col riposo. Rappresenta il sintomo principale di una Arteriopatia Periferica generalmente causata da una occlusione su base aterosclerotica dell’aorta addominale inferiore e delle arterie iliaca, femorale e/o poplitea. Il graduale accrescimento delle placche aterosclerotiche presenti in queste arterie provoca una ischemia cronica la cui progressione è indicata dalla riduzione della distanza che il paziente può percorrere in assenza di sintomi. Nelle fasi avanzate, il dolore ischemico può manifestarsi a riposo. Alcuni pazienti vanno incontro ad una ischemia critica agli arti inferiori in cui coesistono una arteriopatia periferica, dolore ischemico cronico a riposo, ulcerazioni, in particolare a carico delle dita dei piedi o dei talloni; ostruzioni estese possono portare a necrosi o a gangrena. L’arteriopatia periferica interessa il 4-12% delle persone con età compresa tra 55 e 70 anni e il 20% degli ultra 70enni. Nell’arco di 5 anni, il 75% circa dei pazienti con claudicatio rimane stabile o ottiene un miglioramento dei sintomi, il 20% peggiora e il 5% sviluppa una ischemia critica alle gambe (l’1% subisce l’amputazione di un arto). L’arteriopatia occlusiva sintomatica si associa ad un aumentata incidenza di complicazioni cardiovascolari, in particolare di morte da coronaropatia e ictus. Per una corretta gestione del paziente, diventa pertanto necessario un intervento che riguarda: diagnosi precoce, appropriata e costante terapia farmacologica, riduzione dei fattori di rischio e sostegno verso uno stile di vita corretto.
Il convegno intende aggiornare i medici di medicina generale sulle conoscenze e attualità diagnostico- terapeutiche dell’AOP e della Claudicatio Intermittens, attraverso interventi frontali e momenti di discussione, con l’obiettivo di sensibilizzare le diverse professionalità ad una gestione multidisciplinare del paziente.