PROGETTO AGAPE - APPROCCIO GLOBALE AL PAZIENTE IN REUMATOLOGIA

Nel paziente reumatologico, gravato spesso da severe condizioni croniche, è importante un approccio globale che includa oltre agli aspetti specialistici anche una costante attenzione al rapporto con il professionista. Il semplice ottenimento di una buona compliance, frutto di un adeguato rapporto medico-paziente, ha effetti determinanti sull’esito del trattamento.
Occorre innescare una tendenza positiva nel lavoro volta a contrastare la generale insoddisfazione nell’ambito assistenziale e tesa all’umanizzazione della medicina. Tale cambiamento ci richiama alla importanza del compito educativo come dimensione permanente nel nostro lavoro. In questa prospettiva la tanto discussa “aziendalizzazione/industrializzazione” della medicina piuttosto che un problema può essere una opportunità, non solo perché può consentire una migliore divisione dei compiti, ma anche perché può facilitare un processo di riflessione.
Due sono i principali atteggiamenti da contrastare. Il primo è quello di una riduzione meccanicistica della nostra professionalità. Essa fa sì che la salute non sia concepita nell’orizzonte globale dei fini della persona. Con ciò va persa la capacità di prendersi cura di colui che soffre e si allarga il fossato tra terapia e assistenza. L’operatore sanitario concepisce se stesso come l’“ingegnere” di un meccanismo guasto. L’essere umano è considerato un prodotto della nostra azione, un prodotto, di conseguenza, che può anche essere selezionato secondo le nostre esigenze, perdendo la sua dignità e inviolabilità.
Il secondo atteggiamento è concepire la nostra professionalità come una tecnica “neutra”. Una simile tecnica non risponde ad altro che alla sua dinamica interna e deve solo essere applicata. Non c’è bisogno di persone capaci di giudicare, di rapportarsi con il paziente: c’è solo bisogno di funzionari che applichino delle linee guida. In queste condizioni gli unici protagonisti della relazione professionale finiscono per essere: l’utente che avanza le sue richieste e il magistrato che verifica l’adeguata applicazione delle procedure. Un simile contesto tende a far emergere due problemi. Il primo è il crescere della cosiddetta “medicina del desiderio”, con un operatore sanitario ed un paziente portatori di un concetto di salute come “diritto”, codificato da linee guida e procedure. Il secondo atteggiamento che tende ad affermarsi è quello della “medicina difensiva” che non è solo una reazione conseguente ad una pressione, ma rappresenta originariamente un modo di intendere il proprio ruolo di operatore sanitario sostanzialmente indifferente a chi ha dinanzi, ma solo teso ad evitare fastidi e responsabilità.
È necessario un cambio di prospettiva. Occorre riconoscere che l’antropologia, la concezione che abbiamo della persona, è rilevante per la professionalità. Essa determina l’agire professionale fin nel dettaglio tecnico e divenire parte del dialogo professionale.
Un atteggiamento di apertura che investa non solo l’ambito formativo, ma anche quello organizzativo e clinico, ci sembra condizione necessaria per la ripresa di una piena professionalità carica di significato e di capacità di servizio. Una apertura che ci restituisca al nostro lavoro non più come meccanici del corpo guasto o impiegati che applicano direttive, ma come professionisti, ossia persone che esprimono nel lavoro la propria umanità tutta intera.

.  Introduzione - L’approccio a 360° al paziente reumatico Antonio del Puente
.  Spondiloartriti Rosario Peluso
.  Connettiviti Alfonso Oriente
.  Osteoporosi Paolo Bottiglieri
.  Storia dell’attività sanitaria Antonella Esposito